60anni di carriera del leggendario musicista italo-argentino
che ha trionfato e continua a trionfare in tutto il mondo
M° ROLANDO NICOLOSI
Una domenica di una decina d'anni fa, mi capitò di passare davanti a Sant'Andrea della Valle, la chiesa - per intenderei - con la cappella degli Attavanti (quella del primo atto della Tosca). È la stessa in cui, negli afosi pomeriggi estivi del soggiorno romano del 1827, Stendhal si rifugiava e si sedeva "per trovare un po' di frescura e - la testa rovesciata e appoggiata sulla spalliera - per liberarsi da tutti i legami terrestri". Vedo qui il manifesto di un concerto di Rolando Nicolosi totalmente dedicato a Franz Liszt. Entro e ascolto le sue parole d'introduzione. Il Maestro annuncia che offre il récital a Dio. Calcolo che vi si stipino, sedute e in piedi, oltre duemila persone.
A dispetto del Vicariato, che proibisce il pianoforte nei luoghi di culto, sul presbiterio domina un grancoda. Così, per la prima volta nella storia, ai piedi di un altare ammiriamo da un pianista quel Liszt mistico che stava purtroppo marcendo negli archivi. Il giorno dopo Nicolosi mi confida al telefono che la sua vita è da poco cambiata. Mi racconta che qualche settimana prima il Papa Giovanni Paolo II lo aveva invitato a pranzo per ringraziarlo di averlo confortato nel Seminario Maggiore di Roma con le stesse pagine presentate a Sant' Andrea della Valle. Tale interessantissimo programma, stampato su un opuscolo assieme agli illuminanti commenti di Rolando Alessio Bolognino, comprende inni alla Madonna, alla Croce, a San Franceseco da Paola, a Santa Dorotea, a Pio IX, al Padreterno. Ci stupiamo che il protagonista dell'evento sia il medesimo pianista collaboratore alla tivù e in teatro dei più celebri divi della lirica.
Oggi scopriamo effettivamente che Nicolosi è un prodigio di spiritualità oltre che di musicalità. Ma il saio ancora non l'indossa. Ed è lo stesso Rolando Nicolosi da poco ricevuto in udienza e abbracciato dall'argentino Papa Francesco, suo connazionale. Amici di vecchia data. Tant'è che in uno dei suoi viaggi a Roma il Cardinal Bergoglio era stato addirittura invitato a cena dal Maestro Nicolosi: una cordialissima agape fraterna conclusasi con il musicista alla tastiera per congedare così nella maniera più gioiosa il mitico prelato, che ascolta estasiato il Liszt di San Francesco di Assisi che predica agli uccelli e di San Francesco di Paola che cammina sulle onde, per concludere magari con La Cumparsita.
I meno giovani ricordano pur con estrema nostalgia il Rolando Nicolosi del tubo catodico in Domenica in e in Adesso musica, pioniere qui nell'educazione lirica e cameristica del teleabbonato.
Proponeva e accompagnava le stelle del melodramma e del concertismo, quali Mario Del Monaco, Ferruccio Tagliavini, Carlo Bergonzi e ancora Pavarotti, la Kabaivanska, Bruson, la Moffo, la Scotto, la De Los Angeles, Di Stefano, Gazzelloni, Alirio Diaz... Ed è stato tra i protagonisti da me ripetutamente voluti e invitati a RAIUNO nelle lunghe serie estive di Un concerto per domani da Palazzo Labia di Venezia e di Voglia di musica dalla Chigiana di Siena.
Non basterebbe un volume di migliaia di pagine per narrare il Nicolosi attivo didatticamente e concertisticamente in tutto il pianeta: dalla Cina alle Americhe, dalla Russia alla Spagna, ma soprattutto, da oltre mezzo secolo, in Italia, rivelatosi qui, la prima volta, ventenne, sostituendo all'ultimo momento il suo docente Carlo Zecchi (con cui si stava perfezionando) per accompagnare al pianoforte una collana di romanze cantate da Tito Schipa. Fu un trionfo.
Potrei infine definire Nicolosi attraverso un suo pregio e un suo difetto: sono la generosità e di nuovo la generosità. Si tratta certamente di virtù quando la riserva e la riversa su chi gli sta vicino, sugli amici, sugli allievi, sui colleghi: incalcolabili offerte materiali e spirituali. Quando alle ore 15 del 23 marzo 2006 morì di tumore al cervello il mio secondogenito Gabriele, lui - Rolando - è stato il primo, pur sotto un furioso temporale a precipitarsi in casa mia, ai piedi del suo letto, con un enorme mazzo di gigli bianchi, consolando me, mia moglie e il primogenito Federico attraverso il proverbio siciliano: "Se uno muore alla luce dei lampi e al suono dei tuoni significa che gli Angeli stanno scendendo dal Cielo per portarselo direttamente in Paradiso".
Come ho appena affermato, la generosità di Nicolosi può infine rivelarsi anche come difetto, dato che, in qualità di presidente della giuria, lui la esercita ad esempio persino di fronte ai candidati meno preparati e meno dotati di un concorso: li incoraggia e gli sorride. Chiude un occhio e gli orecchi nonostante che i colleghi della commissione ne sottolineino la serie di inquietanti stecche.
Una domenica di una decina d'anni fa, mi capitò di passare davanti a Sant'Andrea della Valle, la chiesa - per intenderei - con la cappella degli Attavanti (quella del primo atto della Tosca). È la stessa in cui, negli afosi pomeriggi estivi del soggiorno romano del 1827, Stendhal si rifugiava e si sedeva "per trovare un po' di frescura e - la testa rovesciata e appoggiata sulla spalliera - per liberarsi da tutti i legami terrestri". Vedo qui il manifesto di un concerto di Rolando Nicolosi totalmente dedicato a Franz Liszt. Entro e ascolto le sue parole d'introduzione. Il Maestro annuncia che offre il récital a Dio. Calcolo che vi si stipino, sedute e in piedi, oltre duemila persone.
A dispetto del Vicariato, che proibisce il pianoforte nei luoghi di culto, sul presbiterio domina un grancoda. Così, per la prima volta nella storia, ai piedi di un altare ammiriamo da un pianista quel Liszt mistico che stava purtroppo marcendo negli archivi. Il giorno dopo Nicolosi mi confida al telefono che la sua vita è da poco cambiata. Mi racconta che qualche settimana prima il Papa Giovanni Paolo II lo aveva invitato a pranzo per ringraziarlo di averlo confortato nel Seminario Maggiore di Roma con le stesse pagine presentate a Sant' Andrea della Valle. Tale interessantissimo programma, stampato su un opuscolo assieme agli illuminanti commenti di Rolando Alessio Bolognino, comprende inni alla Madonna, alla Croce, a San Franceseco da Paola, a Santa Dorotea, a Pio IX, al Padreterno. Ci stupiamo che il protagonista dell'evento sia il medesimo pianista collaboratore alla tivù e in teatro dei più celebri divi della lirica.
Oggi scopriamo effettivamente che Nicolosi è un prodigio di spiritualità oltre che di musicalità. Ma il saio ancora non l'indossa. Ed è lo stesso Rolando Nicolosi da poco ricevuto in udienza e abbracciato dall'argentino Papa Francesco, suo connazionale. Amici di vecchia data. Tant'è che in uno dei suoi viaggi a Roma il Cardinal Bergoglio era stato addirittura invitato a cena dal Maestro Nicolosi: una cordialissima agape fraterna conclusasi con il musicista alla tastiera per congedare così nella maniera più gioiosa il mitico prelato, che ascolta estasiato il Liszt di San Francesco di Assisi che predica agli uccelli e di San Francesco di Paola che cammina sulle onde, per concludere magari con La Cumparsita.
I meno giovani ricordano pur con estrema nostalgia il Rolando Nicolosi del tubo catodico in Domenica in e in Adesso musica, pioniere qui nell'educazione lirica e cameristica del teleabbonato.
Proponeva e accompagnava le stelle del melodramma e del concertismo, quali Mario Del Monaco, Ferruccio Tagliavini, Carlo Bergonzi e ancora Pavarotti, la Kabaivanska, Bruson, la Moffo, la Scotto, la De Los Angeles, Di Stefano, Gazzelloni, Alirio Diaz... Ed è stato tra i protagonisti da me ripetutamente voluti e invitati a RAIUNO nelle lunghe serie estive di Un concerto per domani da Palazzo Labia di Venezia e di Voglia di musica dalla Chigiana di Siena.
Non basterebbe un volume di migliaia di pagine per narrare il Nicolosi attivo didatticamente e concertisticamente in tutto il pianeta: dalla Cina alle Americhe, dalla Russia alla Spagna, ma soprattutto, da oltre mezzo secolo, in Italia, rivelatosi qui, la prima volta, ventenne, sostituendo all'ultimo momento il suo docente Carlo Zecchi (con cui si stava perfezionando) per accompagnare al pianoforte una collana di romanze cantate da Tito Schipa. Fu un trionfo.
Potrei infine definire Nicolosi attraverso un suo pregio e un suo difetto: sono la generosità e di nuovo la generosità. Si tratta certamente di virtù quando la riserva e la riversa su chi gli sta vicino, sugli amici, sugli allievi, sui colleghi: incalcolabili offerte materiali e spirituali. Quando alle ore 15 del 23 marzo 2006 morì di tumore al cervello il mio secondogenito Gabriele, lui - Rolando - è stato il primo, pur sotto un furioso temporale a precipitarsi in casa mia, ai piedi del suo letto, con un enorme mazzo di gigli bianchi, consolando me, mia moglie e il primogenito Federico attraverso il proverbio siciliano: "Se uno muore alla luce dei lampi e al suono dei tuoni significa che gli Angeli stanno scendendo dal Cielo per portarselo direttamente in Paradiso".
Come ho appena affermato, la generosità di Nicolosi può infine rivelarsi anche come difetto, dato che, in qualità di presidente della giuria, lui la esercita ad esempio persino di fronte ai candidati meno preparati e meno dotati di un concorso: li incoraggia e gli sorride. Chiude un occhio e gli orecchi nonostante che i colleghi della commissione ne sottolineino la serie di inquietanti stecche.
Luigi Fait
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